In pratica, i contenuti non possono essere riprodotti senza pagare, nemmeno in modo parziale, nemmeno usando lo snippet
Ieri l’altro, mercoledì 12 settembre, è stata approvata da parte del Parlamento di Strasburgo la direttiva europea sul copyright, che prevede che giornalisti, editori, musicisti e creativi di ogni genere debbano essere retribuiti per l’utilizzo dei propri contenuti da piattaforme di condivisione come YouTube o Facebook e aggregatori di notizie come Google News. I colossi del web saranno inoltre responsabili per ciò che finisce sui propri spazi e l’uso che ne viene fatto.
Dopo la bocciatura di luglio e il voto favorevole dell'Aula di due giorni fa, adesso la proposta deve passare dai colloqui fra Parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri per arrivare al via libera definitivo entro maggio 2019. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.
I divieti
ll voto favorevole viene sintetizzato in quattro punti dall'ufficio stampa del Parlamento Europeo:
- I giganti del web dovranno remunerare i contenuti prodotti da artisti e giornalisti
- le piccole e micro piattaforme escluse dal campo di applicazione della direttiva
- gli hyperlink "accompagnati da singole parole" si potranno condividere liberamente
- ai giornalisti una quota della remunerazione ottenuta dalla loro casa editrice
In pratica, i contenuti non possono essere riprodotti senza pagare, nemmeno in modo parziale, nemmeno usando lo snippet (cioè quella specie di abstract composto da titolo più alcune parole e il link all’articolo sul giornale), ma solo utilizzando gli hyperlink e con una sola parola. Fanno eccezione Wikipedia, perché è gratis e priva di pubblicità, GitHub, il servizio open source di Microsoft, startup e piccole imprese. Il punto di vista degli autori, spiegato con parole povere, è: "Siccome realtà come Google, Facebook o YouTube guadagnano grazie ai nostri clic, vogliamo parte del guadagno". Eppure anche nello stesso mondo dell'editoria si trovano posizioni contrastanti e opposte sulla questione.
I due articoli più controversi: l'11 e il 13. Il primo, ribattezzato "link tax", è quello secondo il quale l'Unione Europea può imporre agli Stati membri di fornire agli editori di pubblicazioni giornalistiche diritti che permettano di ottenere una giusta e proporzionale remunerazione per l'uso digitale delle loro pubblicazioni. Non è escluso l'utilizzo in forma privata e non commerciale, anche se si legge che i collegamente ipertestuali non possono essere tassati. L'articolo 13 ha subito modifiche più sostanziali rispetto a luglio. Il testo prevede che la piattaforma che consente agli utenti di condividere contenuti abbia piena responsabilità per ogni parte di contenuto. L'unico modo per evitare danni appare quindi quello di controllare ogni singolo contenuto immesso sui server, tramite un sistema di filtraggio.
Puoi leggere il documento integrale cliaccando su questo link.
Le reazioni
Le associazioni degli editori europee Enpa, Emma, Epc e Nme parlano di un «grande giorno per la stampa e per la democrazia». La FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) spiega: «Introdurre l’obbligo di pagare delle royalties a chi ogni giorno diffonde gratuitamente una grande quantità di notizie pubblicate dai giornali attraverso piattaforme digitali, social network e motori di ricerca non significa penalizzare gli utenti della rete, ma vuol dire difendere l’informazione di qualità e tutelare la dignità del lavoro».
Anche l'AIE (Associazione Italiana Editori) esulta e chiede ulteriori miglioramenti: «Siamo davvero soddisfatti perché con la votazione di oggi si è affermato un principio fondamentale, e cioè che il diritto d’autore va sì aggiornato al digitale ma conservandone la funzione di libertà e di contrasto dei monopoli. Certo, il testo approvato presenta alcuni aspetti che dovranno essere migliorati prima dell’approvazione finale. Siamo pronti a dare il nostro contributo, come abbiamo sempre fatto».
Non è decisamente dello stesso avviso l'ANSO (Associazione Nazionale Stampa Online): «Come editori nativi digitali abbiamo sempre sostenuto che la direttiva non avrebbe portato benefici, nel medio lungo periodo, ai grandi ma fin da subito avrà una pesante ricaduta, come avvenuto in Spagna, per i piccoli nativi digitali». In Spagna infatti Google ha chiuso il servizio News, considerato periferico e di scarsa rilevanza, col risultato di un forte calo del traffico che ha interessato principalmente le piccole realtà editoriali.
Come abbiamo già detto, il cammino della direttiva non finisce qui.